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La Francia è la favorita ai mondiali?

Les Bleus sono i campioni in carica e, come tutti i campioni, partono sempre da favoriti. Storicamente la difficoltà di bissare il successo è altissima. Solamente due nazionali sono riuscite in questa storica impresa: l’Italia, vincendo i mondiali del ’34 e del ’38, e il Brasile, che ha vinto le edizioni del ’58 e del ’62.

La Francia ha la rosa per poter tentare questa impresa e collezionare quella che sarebbe la terza stella da mettere sul petto. Fra le 20 Bet recensioni, la Francia è riportata come la principale favorita alla vittoria finale.

La rosa della Francia: la più completa del mondiale

La Francia è probabilmente il paese che sforna più talenti. L’Europa è “invasa” da giocatori francesi, spesso anche molto giovani, che giocano con la scioltezza e la tranquillità di veterani. Ipotizzare una possibile formazione titolare o addirittura una lista di convocati risulta molto complicato. In base allo stato di forma, le preferenze tattiche del tecnico e il blasone dei nomi, si proverà a buttare giù una possibile lista dei candidati più papabili.

Da qui all’inizio di Qatar 2022 molte cose potrebbero cambiare, infortuni, rendimento e tantissimi altri fattori che potrebbero influenzare le scelte di Deschamps.

A difendere i pali della Francia ci sono due portieri di tutto rispetto: Hugo Lloris e Mike Maignan.

Il primo è il capitano che alzato la coppa del mondo nella finale di Mosca contro la Croazia nel 2018 e da sempre risulta affidabile in campo e un leader carismatico fuori. Il secondo è un giovane talento in rampa di lancio che sta facendo benissimo in Italia con i colori rossoneri del Milan. La sensazione è che Deschamps, il tecnico francese, sia per meriti sportivi che per riconoscenza, si affiderà di nuovo alle sapienti mani del proprio capitano, ma Maignan sarà un’alternativa di lusso in caso di infortuni, rotazioni o ripensamenti dell’allenatore.

Sulle fasce, l’allenatore – che è stato campione del mondo sia da giocatore nel 1998 che da allenatore nel 2018 – ha molta scelta. A sinistra si giocano un posto i fratelli Hernadez; Lucas è stato il terzino titolare dello scorso mondiale e ora è in forza nel Bayern Monaco. Theo, nel frattempo, ha avuto una crescita esponenziale nel Milan: oltre a una fase difensiva ferrea, garantisce tanta spinta grazie alle sue qualità.

Deschamps ha già imparato ad apprezzarlo convocandolo durante la Nations League ed è stato subito ripagato dal calciatore milanista che ha sfornato prestazioni sontuose condite da goal e assist. Sulla fascia destra dovrebbe toccare ancora a Pavard, autore del goal più bello della scorsa edizione dei mondiali, grazie a quel meraviglioso tiro al volo che si è andato a insaccare all’incrocio dei pali nella sfida contro l’Argentina.

In difesa c’è parecchia concorrenza. La coppia titolare del 2018 era composta da Varane e Umtiti. Oggi entrambi non stanno rendendo al meglio: il primo fatica ad adattarsi ai ritmi della premier, mentre il secondo è sempre più ai margini del progetto del Barcellona. In caso di non convocazione o di rotazioni, scalpitano Upamecano, Koundè e Kimpembè.

A centrocampo la Francia ha qualità da vendere. Due veterani como Ngolo Kantè, tuttofare del Chelsea, e Paul Pogba, stella ex-Juventus ora al Manchester United, dovrebbero essere abbastanza sicuri del posto. Giovani come Nkunku e Tchouameni proveranno a ritagliarsi un posto ma non vanno dimenticati veterani come Payet e Fekir che sono talenti immensi seppur discontinui.

L’attacco, se possibile, è ancora più forte degli altri reparti. La Francia ha a disposizione veri e propri fuoriclasse. Spiccano Karim Benzema, probabilmente il centravanti più forte del mondo, e Kylian Mbappè, il principale candidato a raccogliere l’eredità di Messi e Ronaldo per imporsi come calciatore più forte del mondo.

Giocatori dall’immensa classe come Griezmann e Dembelè sarebbero delle semplici alternative. Deschamps potrà contare anche sull’esperienza di un centravanti affermato con il pelo sullo stomaco come Olivier Giroud; anche lui quest’anno ha sposato il progetto del Milan risultando spesso decisivo con goal pesantissimi nei match più delicati.

Questi sono solo alcuni dei nomi che può vantare la Francia. Giocatori come Camavinga, Mukiele, Coman, Veretout, Kalulu, Konatè, Rabiot e molti altri, che sono titolari inamovibili nelle loro squadre, rischiano di non partire per l’eccesso di talento a disposizione della Francia.

Un problema che vorrebbe avere chiunque, ma da non sottovalutare. Le scelte giuste sono tutto e non è facile quando la qualità e così vasta.

Il VAR ha migliorato o peggiorato il calcio?

Il VAR, dal 2016, è una componente tecnologica che ha totalmente stravolto il calcio. L’inserimento della moviola in campo era richiesto a gran voce da società, calciatori e tifosi ma, dopo 6 anni, le lamentele non si sono attenuate, anzi, se possibile sono aumentate.

Stabilire se il Var abbia migliorato o peggiorato il calcio è molto complicato. Il problema dell’inserimento di questa tecnologia è il complesso utilizzo della stessa e, soprattutto, le regole non chiare rispetto al tempismo dell’utilizzo.

L’introduzione del monitor a bordo campo e della sala addetta alla revisione e al controllo è stato concepito come uno strumento che possa aiutare l’arbitro e non sostituirlo. La classe arbitrale ci tiene a lasciare assoluta discrezionalità al direttore di gara. Tecnologie come la goal line technology, per esempio, hanno riscosso molto consenso per l’assoluta applicabilità scientifica e la conseguente imparzialità totale sulle decisioni.

Quando il pallone supera la linea di porta, c’è un sistema tecnologico che avvisa l’arbitro con una notifica sullo smartwatch che indossa e la decisione è scientifica e obiettiva e, di conseguenza, insindacabile. Tecnologie come questa e il VAR stesso permettono a portali come 20bet app di stimare quote e pronostici con molta più precisione e accuratezza rispetto al passato, cioè quando l’arbitro poteva essere un fattore più determinante rispetto a oggi.

Il VAR e le polemiche

Teoricamente, anche con il VAR le polemiche dovrebbero essere pari a zero, eppure non solo non si sono attenuate ma, paradossalmente, sono aumentate. Come è possibile? Gli interpreti in campo, visto il supporto della tecnologia, quando si ritrovano a subire una decisione ingiusta, non riescono a spiegarsi come possa succedere visto il supporto tecnologico. Un errore arbitrale viene perdonato molto meno rispetto a prima, proprio per il prezioso aiuto a disposizione a bordo campo.

Le polemiche sorgono perché la chiamata del VAR è sempre facoltativa. Se l’arbitro è sicuro di aver visto bene e ritiene inopportuno l’ausilio della tecnologia, la decisione è incontestabile. Le critiche più aspre sorgono per la scarsa uniformità di giudizio che implica questa variabilità di chiamata.

In questo campionato, per esempio, la Roma si è ritrovata a perdere due punti a causa di una chiamata su un goal di Zaniolo segnato in un Roma-Genoa di inizio anno. Il calciatore, con un tiro da fuori, sigilla uno splendido goal apparentemente regolare. Il VAR chiama al monitor l’arbitro che riguarda tutta l’azione offensiva e trova un fallo di Abraham nei confronti di un giocatore del Genoa. Il contatto viene ritenuto fallo e il goal viene annullato. Le perplessità sorgono in quanto il contatto era stato giudicato regolare dall’arbitro che aveva potuto valutarne l’intensità sul campo.

Un episodio simile accade nella stessa giornata poche ore dopo nel derby di Milano. Giroud sigla il goal che permetterà al Milan di vincere il derby ma ci sono moltissime proteste da parte degli interisti: pare che ci sia un fallo commesso dal francese nei confronti di Sanchez a inizio azione. In questo caso, si ritiene che il VAR non possa intervenire a causa della valutazione di campo stimata dall’arbitro. Non si discute l’entità dei falli e se le decisioni prese siano giuste o sbagliate, ma la semplice disomogeneità di applicazione di una regola in due situazioni pressoché identiche.

Il VAR è in contrasto con la formazione arbitrale

Gli arbitri di Serie A, sin dall’inizio della loro carriera, sono stati spinti a seguire un modello basato sull’infallibilità, l’insindacabilità e la poca flessione al cambiamento delle proprie idee. Un tipo di formazione simile poteva andare bene quando non c’era la tecnologia a disposizione, visto che le decisioni dovevano essere prese in pochi secondi e basandosi solo ed esclusivamente sull’intensità del contatto e sulle sensazioni avute in campo. La rigidità e la poca propensione al cambiamento erano necessarie per evitare qualsiasi tipo di influenza da parte dei calciatori che protestavano.

Un ripensamento basato sulle proteste di un calciatore veniva percepito come un segnale di poca autorevolezza che destituiva la credibilità dell’arbitro. Oggi, questa impostazione caratteriale continua a esserci sui campi di Serie A e Serie B, ma risulta contrastante con la filosofia del VAR.

Spesso gli arbitri, abituati a questo tipo di attitudine da mantenere in campo, tendono a non voler ricorrere allo strumento, a volte peccando di presunzione e indirizzando non solo l’esito delle partite, ma anche di campionati e coppe intere.

Quando può intervenire il VAR?

Il VAR può intervenire solamente in 4 casi:

  • goal
  • cartellino rosso
  • scambio d’identità
  • calcio di rigore

Il VAR, per esempio, non può intervenire sui cartellini gialli che sono a totale discrezione dell’arbitro e sulla percezione dell’entità del contatto vista dal campo.